Il libro di don Antonio ammette e anzi sollecita diversi gradi o livelli di lettura.
Ne proporremo alcuni che sembrano i più importanti.
Primo livello: questo libro è la storia di una malattia che si è, almeno finora, risolta positivamente. Don Antonio vi vede il concorso della grazia “del Buon Dio e della scienza degli uomini”.
Questa storia è narrata con una sincerità assoluta, al limite della spietatezza. Non si risparmia e non ci risparmia niente, neanche le fragilità più intime e meno confessabili.
Allo stesso modo l’Autore non ci nasconde nulla del suo processo di ripresa, dalle sensazioni più esaltanti alla partecipazione alle ansie di quanti restano in lista d’attesa.
Secondo livello: dal racconto di don Antonio noi siamo condotti a conoscere molto meglio gli aspetti drammatici di una malattia “importante” (ironizza l’autore) cioè grave, gravissima. Con grande proprietà di linguaggio anche tecnico e tuttavia di assai facile comprensione, l’Autore descrive puntigliosamente sia l’aggravarsi della malattia sia il processo di ripresa e le apprensioni del convalescente.
Il terzo livello è il più inatteso, ed è stato anche l’ultimo a imporsi alla coscienza dell’Autore: con la guarigione del corpo l’Autore ha potuto giovarsi e sperimentare anche la risurrezione della speranza: giovane prete dalle brillanti speranze, per una serie di circostanze egli le aveva viste spegnersi una a una in parte per l’incomprensione di chi ha avuto a che fare con lui, in parte per responsabilità personali del protagonista.
Ancora una volta l’Autore non si risparmia nessuna autocritica, ma anche non esita a mettere in luce la responsabilità di chi non ha saputo aiutare un giovane talento ad esprimersi al meglio.
l’Autore nei primissimi tempi della sua ripresa. Non può lasciarci indifferenti quella domanda accorata: “È sempre questo, mio Dio, il prezzo delle tue grazie? Costano sempre tanto le tue carezze?” (p.158).
Un libro che a detta di chi lo ha già letto, quando ne hai letto la prima pagina, devi subito arrivare all’ultima, la più commovente di tutte: il grazie dell’Autore a chi gli ha fatto il dono del suo probabilmente giovane fegato.
Assessore alla cultura
Michele Toniaccini